Il colosso di Maroussi
Non so se consiglierei la lettura del Colosso di Marussi, di Henry Miller.
Ma non lo dico in senso negativo. lo dico per quello che è, neutrale.
E' un libro che ho amato e odiato, che mi ha tenuto incollato e che ho dovuto abbandonare a metà perché non lo sopportavo più.
Quello che non sopportavo più era l'ego dell'autore, però in una sorta di metonimia inversa, ho scambiato il libro per l'autore, e questa cosa mi ha tratto in inganno.
Ma come fai a odiare un libro che compone queste frasi che ti leggono dentro?
La Grecia è ciò che ognuno sa, anche in absentia, anche da bambino o da idiota o da nascituro. E' come ti aspetti che appaia la terra se le viene data una buona possibilità.
Oppure, peggio ancora, come questa
Mi curvai all'indietro e guardai il cielo. Non avevo mai visto un cielo così. Era magnifico. Mi sentivo completamente distaccato dall'Europa. Ero entrato in un nuovo regno da uomo libero; tutto si era combinato per rendere quell'esperienza straordinaria e fruttifera. Cristo, ero felice.
Davvero, ditemi voi come si fa a odiare un libro del genere.
Anzi no, ve lo dico io.
Basta inserire pagine e pagine di totale nonsense (insensatezza, per chi non mastica l'inglese) qua e là nel libro e il gioco è fatto.
Quindi, davvero non saprei se consigliare questo libro.
Io l'ho acquistato sulla scia dell'entusiasmo del mio imminente trasferimento ad Atene a settembre 2020 e diciamo che se non me ne pento, quantomeno non è il genere di stile che vorrei più leggere.
Dal titolo ho capito che poteva essere davvero un libro di nicchia che magari mi avrebbe trasmesso qualche curiosità in più attorno ai sobborghi periferici di Atene. Se non lo sai, infatti, Marussi (o Maroussi, o Marousi) è un comune sulla cintura della capitale greca: ha pure la fermata sulla linea verde in direzione di Kifisias.
Compro quindi questo libro dalla copertina decisamente ambigua (ovvero che ammette più significati) e comincio a leggerlo con speranze molto alte.
Non si parla mai delle periferie dei Atene: solo l'Urbe conta.
E invece.
Ti accorgi subito che non troverai affatto quello che cercavi ma qualcosa di totalmente diverso.
Però gli dai il beneficio del dubbio perché
- primo, l'hai appena comprato e lasciarlo così pare brutto
- secondo, chissà che non sia una buona sorpresa alla fine
So che dal punto di vista logico quello che sto per dire non regge ma Il Colosso di Marussi ti fa entrambe le sorprese, sia quella buona, sia quella cattiva.
O almeno, io l'ho vissuta così.
Ma di cosa parla il libro?
Semplice. Dell'anno (più o meno) trascorso in Grecia dall'autore, Henry Miller.
Il libro si colloca temporalmente subito prima della seconda guerra mondiale, il che comunque suscita interesse in me in quanto conosco abbastanza poco di quel lasso di tempo ellenico.
Il libro in buona sostanza racconta di come si innamora perdutamente della Grecia, soprattutto tramite una serie di incontri "notevoli" che trova sul proprio cammino.
Che poi è proprio l'epitome di come tutti noi ci innamoriamo della Grecia perché amare qualcosa è un sentimento non esistente. Si può solo amare qualcuno e quell'amore che noi falsamente attribuiamo alla terra, è in realtà amore verso un numero di persone che la abitano.
E peraltro ti rendi conto che è amore vero perché la bellezza di alcuni passaggi che descrivono quel paese toglie il fiato a volte.
Ti pare quasi che ti leggesse nel pensiero.
Ed è così perché l'amore che abbiamo verso la Grecia è in realtà qualcosa di universale che tutti noi conosciamo.
E sul più bello comincia ad arrivare la brutta sorpresa. Pagine e pagine di bulimia letteraria in cui l'autore vomita pensieri senza senso.
O comunque cumuli di parole che, dopo averli letti ti chiedi: "ok e cosa ho imparato da questo?"
Spoiler: niente.
C'è soprattutto un passaggio di una decina di pagine che giuro che avrei strappato le pagine appena l'ho finito.
Una sottospecie di racconto di un ubriaco senza capo né coda ma dal quale tu ti lasci guidare perché non hai altra scelta.
E alla fine ti senti defraudato del tempo che hai impiegato a leggere quelle pagine.
Senza ombra di dubbio, Henry Miller è un decadente e non manca di farmelo notare durante il libro.
Scrive per il gusto di scrivere, in molti passaggi.
E mi fa molto piacere che sia stato un esercizio liberatorio per lui. Un po' meno lo è stato per me che mi sono dovuto sorbire i suoi deliri di onnipotenza.
Quando studiavo fotografia, un delle lezioni più importanti che mi sono rimaste impresse è quella di John Szarkowski, tra le altre cose direttore del MoMA di New York:
I fotografi si dividono in due categorie: mirrors and windows
Con questa frase, egli cercava di categorizzare i fotografi secondo coloro che mostravano ciò che era oggetto della loro analisi (windows) e coloro che, invece, si servivano di se stessi per mostrare un concetto (mirrors).
Non ci vorrebbe uno scienziato per inserire Henry Miller nella seconda categoria, alla luce di cosa scrive e come scrive.
E per chiudere con il danno oltre alla beffa, forse l'apogeo della presa in giro fatta libro.
Tutti quanti ci aspettiamo di trovare nel libro che stiamo leggendo una connessione con il titolo. Il che è un po' il motivo per cui diamo l'attributo "del libro" alla parola titolo.
Quindi leggi questo libro e ti aspetti che prima o poi capirai il motivo. E in qualche modo lo capisci davvero dopo poche pagine, però poi ti dici "no ma sicuramente sta per succedere qualcosa che rafforzerà il motivo della scelta".
Non voglio farti spoiler, ma a me questo motivo mi ha un po' lasciato esterrefatto. Senza parole per la sua banalità.
E la fretta con cui ti viene consegnata la motivazione quando ormai non manca molto a chiudere definitivamente il libro.
Bah, cose che non comprendo sinceramente.
Ma poi leggi passaggi come quest'ultimo che ti riporto e ti chiedi: davvero non lo consiglierei come libro da leggere?
"E la Grecia cos'ha, per piacerle tanto?" domandò uno. Sorrisi. "La luce e la povertà", dissi. "Lei è un romantico". "Si, sono tanto pazzo da credere che l'uomo più felice del mondo è quello che ha meno bisogni. E credo anche che se si ha una luce come quella che avete qui ogni bruttura è annullata. Da quando sono venuto nel vostro paese so che la luce è santa: la Grecia per me è una terra santa".
La risposta è che non lo so, proprio come avevo anticipato all'inizio di questa recensione.
Sono davvero combattuto tra l'amare e l'odiare questo libro.
Però sono contento di averlo finito, se non altro perché, se l'avessi interrotto probabilmente mi sarei perso alcune di queste perle di bellezza in forma scritta.
E tu hai letto questo libro? Per favore dimmi nei commenti cosa ne pensi perché ho bisogno di altri pareri per riuscire a dare dimensione a questo libro 🙂
Dettagli del libro:
- Autore: Henry Miller
- Titolo: Il colosso di Marussi.
- Anno di edizione: 2016
- Editore: Feltrinelli